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Ogni volta che Di Maio esulta in Italia muore un pezzo di Democrazia

Ogni volta che Di Maio esulta in Italia muore un pezzo di Democrazia

Autore: Editoriale del Direttore - Emilia Urso Anfuso
Data: 09/10/2019 16:18:42

Ecco una nuova chicca, un altro passo avanti del “nuovo che avanza”:  ieri è stato approvato il taglio di 345 parlamentari. Ne siederanno in Parlamento 600 degli attuali 945. Evviva! Brindiamo… per cosa, però, a molti non è chiaro.

Quello del taglio dei parlamentari è uno dei leitmotiv del Movimento 5 Stelle, che ai tempi in cui dichiarava di voler “Aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno” prometteva che un giorno un po’ di quel ben di Dio di denaro pubblico sprecato sarebbe finalmente stato risparmiato.

Per giungere a questo miracolo, sarebbe stato necessario sforbiciare. Sulle spese sempre più esose per il mantenimento dei ministeri? No. Sugli incredibili stipendi e sulle pensioni dei parlamentari? Macché. Su uno dei fondamenti di qualsiasi nazione in cui viga una forma di repubblica a regime democratico: il numero dei parlamentari che devono poter garantire il criterio di pluralità.

Significa che, ogni poltrona riempita in parlamento, deve servire a dar voce ai cittadini, che in quei luoghi non sono autorizzati a ficcarci nemmeno un capello, tranne in rari casi quando in determinate occasioni le scolaresche vengono invitate a fare “Oh…” come in una canzone di Povia.

Ora il dado è tratto, anzi: i parlamentari diminuiranno di numero. Sul Blog delle Stelle da ieri appare un post:  “Approvato il taglio dei parlamentari: Promessa mantenuta”! certo, promessa mantenuta, come il reddito di cittadinanza, o come quella relativa a entrare in parlamento. Peccato che, quando si formula una promessa, in special modo se a farla è un partito politico, sarebbe necessario spiegare a dovere le reali intenzioni, cosa contiene la promessa, a cosa porterà.

Un conto è promettere a  un amico, un parente o un coniuge: andremo in vacanza qui, te lo prometto. Un altro conto è dichiarare, e quindi promettere, cose del tipo: “Cancelleremo la povertà”! oppure “Apriremo il parlamento come una scatoletta di tonno” e ancora “Taglieremo il numero dei parlamentari” me sottacere cosa si intenda davvero.

Sul reddito di cittadinanza ho scritto tanto e da tempi non sospetti, anche sul quotidiano Libero con cui collaboro. Inutile tornarci sopra. In cinque mesi dal varo, chi ha avuto occhi per vedere, orecchie per sentire, ma soprattutto cervello per capire, non ha necessità che io torni sull’argomento. Sulla scatoletta di tonno, che promettevano di aprire al pari di una scatoletta di tonno, è vero lo hanno fatto: ma al solo scopo di ficcarcisi dentro, e poi chiudere nuovamente il coperchio.

Taglio dei parlamentari: missione compiuta. Ma a che servirà? Non certo ad abbattere le spese, dal momento che, come si vocifera da tempo negli ambienti politici, si dovrà capire dove redistribuire i maltagliati, che in questo caso non sono un tipo di pasta della tradizione culinaria nazionale, bensì i destinatari della legge di riforma appena approvata.

Poi: chi sarà “tagliato” e perché? Non è dato saperlo, così come non è ancora confermato che, malgrado la misura sia stata approvata a maggioranza, la Costituzione subirà davvero questo martirio di una delle colonne portanti della democrazia: la pluralità. Perché forse pochi italiani sanno davvero come funzionano i seggi.

Ecco qua una sintetica spiegazione: ogni deputato e senatore rappresenta un tot numero di abitanti. È per tale motivo che, quando si va ad elezioni, è importante il numero dei voti ottenuti, in quanto corrisponde al numero dei seggi in parlamento.

Attualmente, il numero di cittadini per singolo deputato è pari a 96.000 mentre ogni singolo senatore rappresenta 188.424 italiani. con la riforma di cui stiamo parlando, a ogni deputato corrisponderanno 151.210 abitanti e a ogni senatori 302.420.

È chiaro, ora, il criterio di pluralità? Chi siede su quelle poltrone, non dovrebbe farlo per pensare ai fatti propri o del partito che rappresenta. Ogni singola parola dichiarata in aula, è come se la stessero dicendo i cittadini di cui si fa portavoce.

A parte questo, il taglio non avverrà se non in presenza di alcune cose: prima di tutto, è necessario che si verifichi lo scioglimento delle camere. In secondo luogo, essendo una riforma costituzionale -  art. 138 della nostra Costituzione -  e poiché la legge ha ottenuto la maggioranza assoluta, può essere sottoposta a referendum confermativo, ma solo se a chiederlo sarà un quinto dei componenti di una camera, oppure da cinque consigli regionali o, ancora, da 500.000 elettori.

Cosa porterebbe (e il condizionale è d’obbligo dal momento che, se per esempio l’attuale governo cadesse prima del varo della riforma costituzionale, sarebbe un nulla di fatto) a livello di vantaggi, economici, politici e democratici questo taglio? A nulla, se non dare maggiore potere a deputati e senatori che parleranno per conto degli elettori senza che questi ne abbiano contezza, le spese non saranno tagliate, perché i 345 andranno a ricoprire altri ruoli istituzionali e pagati con denaro pubblico.

Se una riforma serve, e urgentemente, è quella che deve prevedere la trasparenza assoluta in ambito parlamentare, unita a una legge che vincoli i parlamentari a non cambiare casacca almeno durante la legislatura, e infine, la riforma suprema, che tolga i troppi vantaggi di chi fa la furba scelta di far di tutto pur di entrare in politica. Di esempi, passati e recenti, non ne mancano. 

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