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Pisa e il Gioco del Ponte tra storia e attualità

Pisa e il Gioco del Ponte tra storia e attualità

Autore: Alessio Bologna
Data: 01/07/2013 16:09:26

                  
                   (Video: edizione 2013 del Gioco del Ponte)
L’Italia è terra di numerose e antiche tradizioni, spesso destinate a una vasta eco: tra le più suggestive ve n’è una che si rinnova annualmente, a fine giugno, sugli splendidi Lungarni pisani. Si tratta del Gioco del Ponte, le cui origini, di cui si occupò soprattutto Camillo Ranieri Borghi nel suo trattato L’Oplomachia Pisana, ovvero la Battaglia del Ponte di Pisa (1713), sono assai dibattute e persino leggendarie, tanto che secondo alcuni eruditi sarebbero riconducibili agli abitanti della Pisa d’Elide (Pisei appunto), i quali, al seguito di Pelope, figlio di Tantalo, si sarebbero stabiliti in questa parte della Penisola, fondandovi la città che ancora oggi ne tramanda il nome e dando così luogo a tale competizione in memoria di quella olimpica. Altri studiosi ipotizzano, invece, che il Gioco sia erede degli scontri gladiatori voluti da alcuni imperatori romani, Adriano e Nerone, durante la loro permanenza pisana; altri ancora sono più inclini a derivazioni medievali, in primis quella legata alla mitica Kinzica de’ Sismondi, che, all’inizio dell’XI secolo (1005), avrebbe salvato Pisa da un improvviso attacco di Musetto, sovrano saraceno di Sardegna: questi, venuto a conoscenza che le milizie pisane erano impegnate nella presa di Reggio Calabria contro i musulmani, attaccò nottetempo la città toscana, i cui abitanti furono tuttavia allertati dai rintocchi della locale campana maggiore, suonata appunto dalla giovane eroina, e, armatisi, respinsero i nemici sul ponte che univa le due rive dell’Arno, rispettivamente quelle di Mezzogiorno e Tramontana.

L’ipotesi della matrice medievale del Gioco del Ponte, più verosimile di altre precedentemente indicate, e quindi del suo esser debitrice della tradizione, per così dire, cavalleresca, tipica dell’Età di Mezzo, troverebbe riscontro anche in opere letterarie, quali il Giocho del Massa-Schudo, poemetto in ottave, composto da anonimo all’inizio del Quattrocento, nel quale si trovano preziose notizie sulle peculiarità dello stesso: «Chi vuol nel gioco dei signori entrare/ Convien che vada per tal guisa armato: / Bona corazza, gambiere e cosciale, / L’elmo in testa fortemente allacciato, / Il forte scudo gli convien imbracciare / Che giusto infine in terra è appuntato, / E dalla destra man porta un bastone / Con un guanto attaccato per ragione.» Protagonisti della giostra erano infatti combattenti, muniti peraltro di elmo, corazza, bastone e scudo (da cui il nome), i quali si scontravano in Piazza degli Anziani, oggi dei Cavalieri, nel periodo di Carnevale.
Divisi secondo le delle due fazioni cittadine del Gallo e della Gazza, caratterizzate rispettivamente da elmi dorato e vermiglio (a loro volta composte da quartieri rappresentati da insegne diverse, quali «la Tavola Rotonda; la Rosa; il Cervo Nero; il Drago; […] l’Allegra Donna, l’Uomo Selvatico; il Liocorno»), essi si cimentavano in cruenti scontri o tenzoni dapprima individuali e successivamente di massa, per la “conquista” della Piazza. Il Gioco del Mazzascudo si tenne fino al 1407 (datazione calcolata secondo lo stile pisano, corrispondente al 1406 di quello comune), dopodiché, causa l’occupazione di Pisa da parte dei Fiorentini, fu interrotto e rimpianto, anche letterariamente, come dimostra il quattrocentesco Lamento di Pisa fatto per Puccino figliuolo d’Antonio di Puccino da Pisa: «Qual potrebbe esser mai maggior letizia / Com’è del popol mio di viltà ignudo / Giucare a mazza e scudo, / colle vermiglie e dorate visiere? / / Or chi avesse veduto quelle schiere / venir in piazza, sotto ’bei stendardi, / giovan atti e gagliardi / con diverse divise e sopraveste, / / elmi con fiocchi, pennoncelli e creste, / con pennacchi di struzzi e di paoni, / armati i buoni pedoni / con grandi scudi e con mazze in mano: / / Mai non si vidde una battaglia al piano / con trombette, nacchere e tamburi, / con colpi aspri e duri, / che di gennaio ti farian veder lucciole. / / Parrebbeti altro mangiar che di succiole, / o giuochi di puccetti, t’imprometto, / se fra ’l capo e ’petto / colpo di scudo avessi o mazza in testa!» Per assistere alla ripresa del Gioco si dovette attendere la fine secolo, ovvero dopo il 1490, ma con alcune modifiche, in linea sia con l’evoluzione urbanistica pisana, sia con quella degli “affinati” costumi rinascimentali: tra questi cambiamenti ricordiamo, ad esempio, la sostituzione degli scudi con targoni e lo spostamento del “teatro di battaglia” dalla suddetta Piazza al Ponte sull’Arno.
L’origine medievale del Gioco del Ponte se da un lato sarebbe ulteriormente suffragata da un poemetto anonimo tardo secentesco, intitolato La Battaglia del Ponte. Seguita il di 23, passato 1696, al Pisano, dall’altro viene confutata dalla recente storiografia, tendente ad individuare nel Gioco stesso tratti unici, cinquecenteschi ed eventualmente riconducibili non tanto alla battaglia del Mazzascudo, ma piuttosto alle “guerre coi sassi e coi pugni”, rispettivamente di Firenze e Venezia: infatti la prima testimonianza certa del Gioco del Ponte si ricava da un anonimo libro di ricordi del Settecento (andato perduto), dal quale si apprende che nel 1568 «si giocò al Ponte, e a forza di sassate la vittoria fu de’ cavalieri di Mezzo Giorno». Da questa data e sino al 1807, ultimo anno in cui si svolse la gara prima della sua stessa interruzione conclusasi negli anni trenta del Novecento, vi furono novanta edizioni dell’evento, cui assistettero anche personaggi illustri, tra cui sovrani e famosi intellettuali quali Vittorio Alfieri, che nel 1785 ne rimase talmente entusiasmato da scrivere nella sua Vita: «Nel maggio di quell’anno godei in Pisa del divertimento del gioco del Ponte, spettacolo bellissimo, che riunisce un non so che di antico e d’eroico». Ciò nonostante gli alti costi della manifestazione, uniti alla poca benevolenza verso la stessa da parte del Granduca Pietro Leopoldo e della regina d’Etruria, determinarono l’interruzione del Gioco, ripreso però durante il regime fascista, tendente, per così dire, a valorizzare qualsiasi aspetto degli antichi fasti italiani. L’iniziativa, pur essendo strumentalizzata dalla propaganda mussoliniana, riscosse un ampio consenso popolare, poiché i pisani e non solo, al di là delle tendenze politiche, vi colsero un’opportunità per riscoprire particolari aspetti della propria identità. Il Gioco, tra riprese e interruzioni varie, come quella registrata durante il Secondo conflitto mondiale, è quindi giunto sino ad oggi, annoverando anche momenti straordinari, tra cui val la pena ricordare quelli riguardanti l’edizione tenutasi al Circo Massimo di Roma, a conclusione delle Olimpiadi (1960), e l’uscita del francobollo ad essa dedicato da Poste Italiane (1982). Inoltre le edizioni più recenti, al fine di limitare la crudezza degli scontri, hanno registrato l’introduzione di un carrello scorrevole sul principale ponte cittadino, quello di Mezzo, dove le squadre delle opposte fazioni, dodici in tutto, si affrontano, cercando di respingere, per mezzo di uno sforzo muscolare assai dispendioso (da qui la mole notevole dei combattenti), i propri avversari nella loro parte cittadina: vince chi si aggiudica più vittorie, ovvero quattro su sei. Ciò significa che, col trascorrere dei secoli e rispetto ad altre famose manifestazioni storiche come il Palio di Siena, quella pisana si è evoluta sia nelle modalità di combattimento, sia nel numero di partecipanti e nei costumi degli stessi, di foggia per lo più cinque-secentesca.
Come già avvenuto precedentemente, l’ultima edizione del Gioco del Ponte, che chiude le celebrazioni del Giugno Pisano, dopo la Regata dei quartieri, la Luminaria in onore del patrono S. Ranieri e la Regata delle antiche Repubbliche marinare (quest’anno tenutasi nella città toscana) si è svolta a fine giugno, per la precisione sabato 29, e in notturna, articolandosi in due momenti distinti: il primo ha preso il via alle ore 20, con la sfilata sui Lungarni degli oltre 700 figuranti in costumi storici (per lo più di foggia cinquecentesca), tra cui cavalieri coi rispettivi destrieri, dame, damigelle, soldati in corazza, combattenti con elmi e targoni, paggi, tamburini, trombettieri e sbandieratori, e il secondo alle 22, con la sfida sul Ponte delle squadre appartenenti alle opposte fazioni di Mezzogiorno (S. Antonio, Dragoni, S. Marco, S. Martino, Leoni, Delfini) e di Tramontana (S. Maria, Calci, Mattaccini, S. Michele, Calcesana, Satiri), ciascuna recante propri colore e motto. Sostenute da migliaia di spettatori festanti, radunate su finestre e balconi degli antichi Palazzi affacciati sull’Arno e lungo il percorso del pittoresco corteo, le squadre si son quindi affrontate con la consueta vena agonistica e la vittoria è andata a Tramontana, che per questo, secondo tradizione, ha visto oscurati per una notte i Lungarni della parte avversa, cui ha così lanciato il guanto della prossima sfida.
 


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