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Secondo quanto riportato dalla Stampa locale, i morti sarebbero 22 di cui quattro bimbi.
Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia si sono opposti ai provvedimenti sui circa 120.000 migranti da ricollocare in UE attraverso quote prestabilite.
Si è rovesciato nel mare Egeo meridionale, al largo dell'isola greca di Fermakonissi un barcone di migranti: 34 le vittime, fra cui 11 bambini e 4 neonati.
Licenziata in tronco: è quanto accaduto a una cameramen di una emittente televisiva ungherese, che ha preso a calci alcuni migranti, compresi bambini.
"Non siamo in un buon posto. Manca Europa nell'Ue e manca unione nell'Unione europea. E' una cosa che deve cambiare", ha dichiarato e sulla quota di migranti da redistribuire ha affermato che "va fatto in modo obbligatorio... 160.000 è il numero"...
Viktor Orban, premier ungherese, ha dichiarato oggi che l'Ungheria ha necessità di proteggere le proprie frontiere e applicare le regole dettate dall'Unione Europea sui migranti.
Le forze dell'ordine ungheresi hanno raddoppiato le unità presenti sul posto e le autorità hanno dichiarato che 2.284 rifugiati, 353 dei quali sono minori, sarebbero entrati nel paese illegalmente.
Ancora un'altra tragedia nel Mediterraneo, ancora barconi, ancora migranti. A largo delle coste occidentali della Libia, ci sarebbero centinaia di morti, o almeno e' quello che si teme, mentre la Guardia costiera libica sta conducendo le operazioni di soccorso dell'imbarcazione.
I bimbi affetti da questa patologia, i cosiddetti "Collodian baby", vanno o possono andare incontro a squilibri elettrolitici, disidratazione, problemi di termoregolazione e diversi tipi di infezioni epidermiche.
Continua il grande esodo che dalla Grecia sta portando profughi siriani in Macedonia. Da qui i fuggiaschi cercano di superare la Serbia e arrivare quindi in Ungheria. Un esodo che non si ferma nemmeno dopo le disposizioni delle autorita' che alcuni giorni avevano anche tentato di chiudere le frontiere respingendo i migranti con il filo spinato, con granate stordenti e manganelli. Ma la forza della disperazione, il desiderio di vivere in un paese in pace, ha portato i profughi a combattere per riuscire a superare le restrizioni.