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Recensione: Van Gogh - al Teatro Vascello di Roma

Recensione: Van Gogh - al Teatro Vascello di Roma

Autore: Recensione della nostra inviata Susanna Schivardi
Data: 01/12/2019 07:28:32
Recensione: Van Gogh - al Teatro Vascello di Roma

Al Teatro Vascello una scelta come al solito vincente e accattivante. Con e di Alessandro Preziosi, uno spettacolo che è anche un cavallo di battaglia che non perde mai colpi, quello prodotto da Khora Teatro per la regia di Alessandro Maggi, e la scrittura brillante e densa di Stefano Massini, con Alessandro Preziosi, noto per cinema e tv ma profondamente innamorato del teatro, specialmente legato alla narrazione di personaggi intensi e duri come in questo caso, il suo Vincent Van Gogh osservato e raccontato nel culmine della tragedia esistenziale della sua vita drammaticamente dolorosa.

In una scenografia assordante e bianca come intende anche il titolo, sullo sfondo alcune delle più note tele del pittore olandese ma senza colore, che è poi il leit motiv della narrazione, un Van Gogh privato del colore, come dire un pesce privato dell’acqua. Sulla scena si insidia il fratello, Theo, e poi a seguire i medici del reparto dove hanno internato l’artista e il direttore, l’unico che crede in una rinascita, una redenzione dalla malattia.

Gli attori, Francesco Biscione, Massimo Nicolini, Roberto Manzi, Leonardo Sbregia e Antonio Bandiera, si cimentano in una prova molto faticosa, come la vita stessa del personaggio che invece di parlare urla, invece di respirare è in affanno, invece di vivere arranca in un’esistenza che lo vede vittima senza scampo, in un mondo dove nessuno ha l’interesse a farlo vivere. Deprivato della sua stessa identità, come dirà alla fine al direttore il dottor Peyron, di fronte a certi paesaggi, alla natura, a certi volti, Van Gogh viene come annullato nella sua identità e usato dalla realtà circostante affinché lui la racconti. Le cose intorno hanno bisogno di vivere privandolo del suo stesso respiro e lui non può fare a meno di piegarsi a questa legge inesorabile. Un barlume di speranza di poter uscire quando la sua immaginazione crea il fratello giunto a trovarlo, ma è solo la proiezione della sua mente malata che gli fa vedere cose che non esistono. Lo paragona a quando da piccolo lo mandarono in collegio perché imparasse a leggere.

Quando alla fine imparò ebbe l’impressione che un filo si fosse spezzato, da quel momento non avrebbe mai più potuto evitare di guardare una parola senza leggerla. Nello stesso modo funziona la sua testa, una volta ammalata non può più non dubitare che quello che di fronte a sé non sia una proiezione inesistente, una creazione della sua testa ormai febbricitante. Interessante la figura del responsabile di reparto, il dottor Lazare, una macchietta infida, crudele, meschina, priva di umanità, arida e spietata come il suo passato evidentemente difficile. Contro di lui Preziosi/Van Gogh si scaglia in una demonizzazione della persona, come un simbolo assoluto del male da annientare, un personaggio quasi tragicamente eschileo, che riporta alla mente il dramma del vivere, del momento in cui ci si rende conto che per vivere è assolutamente necessario rimanere in parte folli, per sopportare l’odore assordante del bianco, un’immagine sinestetica che ci ricorda vecchie scuole di pensiero ottocentesche. Ma senza pensare troppo al risultato, Preziosi suda davvero, sputa per terra e si trascina per un’ora e mezza in uno spettacolo avvincente e massacrante ma davvero degno di essere presentato e presentato ancora per molte altre repliche.

Fino all’ 1 dicembre in scena al Teatro Vascello.

*Foto di Francesca Fago

 

 

 


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