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Natale: liberiamoci dalle trappole e torniamo a essere normali

Natale: liberiamoci dalle trappole e torniamo a essere normali
Autore: Editoriale di Padre Maurizio Patriciello
Data: 24/12/2016

Natale: orizzonti che si allargano, si squarciano, si distendono all’ infinito. Sguardo capace di spaziare, di superare ostacoli, di guardare oltre. Di contemplare l’ Oltre. Consapevolezza di non essere solo, di non essere inutile. Di non essere capitato per caso su questa terra tormentata e bella. Natale: il Dio che le galassie non potranno contenere mai si fa Bambino per intenerirci il cuore. Per dirci che ci ama da impazzire. Natale: giorno dell’ incanto, delle vertigini, dell’ assurdo. Un assurdo più vero di ogni verità. Natale è prendere le distanze dal male. Da tutti i mali. Dall’ avarizia e dalla superbia, dall’ orgoglio e dalla sete di vendetta.

È il giorno in cui scegli di voler perseguire sempre e solamente il bene. Qualsiasi sia la fatica da affrontare, il prezzo da pagare. Natale è imporsi di gioire per ogni piccola gioia che rimbalza per la terra. Di farsi fratello, compagno, amico di ogni persona che ha avuto la grazia di nascere in questo mondo sgorgato dal cuore dell’ Altissimo. Natale è necessità di non arrendersi mai, insistere e lottare anche quando sembra che la speranza sia svanita. Quando il puzzo di morte che gli egoismi umani lasciano in questo mondo ancora non si diradano. Natale è convincersi che quando tutto sembra sia finito, tutto può ricominciare.

È rialzarsi dopo ogni caduta e riprendere il cammino. Natale è sentire vibrare nella tua carne la tenerezza del Padre per ogni suo figliolo. E’ bramare ardentemente di essere complice del Dio vivente. Perché nessuno abbia più a soffrire ma tutti abbiano accesso alla loro dignità. Perché tutti possano vivere in pienezza il mistero che hanno ricevuto in dono. Mistero di vita e di morte, di amore e di dolore. Di impegno e di solidarietà.

Dio non è stanco di noi. Al contrario, è felice di donarci tutto. « Figlio dammi il tuo cuore», come un pezzente non smette di implorarci. Il Dio – Bambino spazza via ogni pessimismo, ogni rassegnazione, ogni tentazione di lasciarsi andare. Nessuno è perduto per sempre. Nessuno deve smarrire la speranza di poter ricominciare. A nessuno viene negata un’ altra opportunità. Il mondo ha conosciuto il male. Gli uomini hanno sofferto e fatto soffrire. Inutilmente. Stupidamente. Troppo male si sono fatti per illudersi ancora che sia quella la via da percorrere. Purtroppo tanti, caparbi, ancora si ostinano a vedere nell’ altro l’ inferno da eliminare e non cielo da ammirare. Accecati, ingannati dal male, bombardano, affamano, feriscono, deportano, uccidono nella speranza di essere più liberi. Il grande male dell’ umanità è che pur riconoscendo un Padre, tanti uomini faticano a sentirsi fratelli.

Eppure Dio ancora non è stanco, ancora non si arrende. Ancora ci chiama a conversione. Il Signore che dal niente ha fatto l’ universo, viene. Come un mendicante, viene. Per noi uomini e per la nostra salvezza, viene. In casa nostra, viene. Per le nostre strade, viene. E ci invita ad ammainare ogni prigrizia. Ad alzarci, uscire, correre per i sentieri che ci va indicando. Aguzziamo lo sguardo e lo riconosceremo nel bambino adagiato in una mangiatoia o in un vecchio tremante sotto i ponti. Al capezzale di un morente o in un giovane che ha smarrito il gusto della vita. Senza indugio, senza paura, senza illusioni, gettiamoci ai suoi piedi.

Presto. Che aspettiamo ancora? Liberiamoci dai fardelli che da soli ci siamo messi sulle spalle. Dalle trappole infami nelle quali siamo caduti tante volte. Facciamolo tutti, facciamolo adesso, facciamolo insieme. Ritroviamo la gioia del pentimento e delle lacrime. Confessiamo le nostre colpe. Per essere lavati, per essere perdonati, per essere salvati. Per diventare uomini. Mettiamo il nostro cuore striminzito nel Suo cuore. E impariamo a vivere. Perché qualcuno questa notte ci possa benedire. Possa ringraziare il Padre per averci messi sul suo cammino. Perché nel giorno che non conoscerà tramonto, possiamo gettare le braccia al collo del Dio – Bambino e, dopo averlo baciato mille volte, sussurrargli: « Finalmente!» Buon Natale, amici del mio pellegrinaggio.




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