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Le notizie più lette e diffuse? Le fake news. Da Orson Welles ai nostri giorni

Le notizie più lette e diffuse? Le fake news. Da Orson Welles ai nostri giorni
Autore: Editoriale del Direttore - Emilia Urso Anfuso
Data: 24/03/2019

Si chiamano fake news e sono notizie inventate di sana pianta. Un tema per nulla superficiale, perché chi genera e diffonde questo tipo di false informazioni, è anche in grado di dominare - e controllare - il senso critico delle persone, già compromesso da una dispercezione della realtà. Condizione, questa, che sembra attanagliare il popolo italiano molto più di altre popolazioni, come descrive un recente studio pubblicato dalla società inglese di analisi e ricerche di mercato Ipsos Mori, che ci pone primi in classifica come popolo di ignoranti e anche per essere afflitti da una dispercezione della realtà.

Il dilagare delle informazioni fasulle sta facendo perdere del tutto la capacità critica della gente, già messa male di suo quando si tratta di verificare se una notizia sia vera o del tutto inventata. Se persino noi giornalisti dobbiamo spendere il nostro tempo per la giusta verifica delle fonti, è facile intuire come questo sia un problema non di poco conto quando a dover capire se ciò che si legge sia vero o falso spetta alla gente comune.

Per noi operatori dell’informazione è stato redatto un manuale, il Verification handbook , una guida per permettere a chi lavora nel mondo del giornalismo di poter verificare i contenuti che troviamo in formato digitale, prima di passare alla pubblicazione di una notizia. Il web journalism, rispetto alla carta stampata, ha tempistiche molto più brevi. Si passa dal fatto accaduto alla pubblicazione in pochi minuti. È necessario quindi poter verificare in maniera immediata se le informazioni che si utilizzano per scrivere un pezzo siano veritiere.

L’esempio più calzante è quello delle notizie in emergenza. Esempio: accade un fatto di cronaca. Si corre a cercare tutte le informazioni per scrivere l’articolo. Si deve però verificare tra una miriade di fonti: quali saranno quelle vere e quali le false? Non è lavoro da poco e nemmeno per tutti.

Recentemente il Massachusetts Institute of Technology di Boston ha condotto uno studio – elaborato in collaborazione con Twitter – dal titolo: The Spread of True and False News Online, che tradotto significa “La diffusione online di notizie vere e false”.

Gli studiosi hanno fatto un lavoro enorme, verificando una mole d’informazioni incredibile: 126.000 storie pubblicate o transitate su circa tre milioni di profili Twitter negli ultimi 10 anni. L’esito delle verifiche ha potuto far emergere una situazione emblematica del periodo storico in cui viviamo: le fake news corrono di profilo in profilo con una velocità sei volte maggiore rispetto a una vera notizia.

Una falsa notizia, quindi, ha maggiore successo di una reale. Viene immediatamente presa in considerazione, diffusa a macchia d’olio sul social network. Perché? Fondamentalmente perché le notizie inventate di sana pianta sono più interessanti o più sensazionali delle notizie reali. Chi le crea sa bene come catalizzare l’attenzione delle persone.

Un conto è leggere su un quotidiano, o su un sito d’informazione, questa notizia: “Il presidente Mattarella ha ricevuto in Quirinale un gruppo di studenti che sono stati premiati per la loro bontà d’animo ”. Un altro conto è diffondere una notizia inventata, come per esempio questa: “Un meteorite sta per schiantarsi contro il pianeta terra. Nessuno sa cosa fare. Abbiamo le ore contate”.

Un esempio per tutti: il 30 Ottobre 1938 un giovanissimo Orson Welles si divertì a diffondere una fake news dai microfoni della stazione radio CBS durante la trasmissione “Mercury Theatre on the air”. Welles stava leggendo un brano di “La fine del mondo” di Herbert George Welles, autore britannico che tra i primi al mondo scrisse racconti fantascientifici.

La trama: i marziani sbarcano sul pianeta terra. Per rendere più emozionante il tutto, Orson Welles decise di fingere di essere un cronista, incaricato di andare sul luogo dell’atterraggio per raccogliere la cronaca dei fatti. L’emittente radiofonica, pur avendo chiarito che si trattava di un’invenzione bella e buona, non riuscì a evitare la diffusione del panico che aggredì buona parte della popolazione americana.

Il sensazionalismo alimenta l’attenzione di molti, rende mentalmente possibile l’impossibile, genera l’effetto magico della credulità. Se la vita reale è piatta, ecco che si genera una necessità impellente di renderla sensazionale. Come? Credendo a notizie fasulle e diffondendole. Il problema, però, è serio. Un conto è raccontare panzane all’interno di una comitiva di amici, un altro è diffondere castronerie su un social network abitato da milioni di utenti. Gli sfasci, nel secondo caso, sono assicurati.

Si rifletta su cosa accade quando una falsa notizia è relativa alla pericolosità di un vaccino, o di un farmaco piuttosto che su altre tematiche sensibili per gli esseri umani. È pericoloso cadere nella rete delle false informazioni diffuse in Rete, proprio perché il web per molti utenti funge da garante. Se lo credono in molti, allora è vero.

Il tedesco Joseph Goebbels, politico, giornalista e Ministro della Propaganda del Terzo Reich, disse: “Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità”. Detto da lui…

Per tutte queste ragioni è urgente diffondere le buone pratiche per acquisire le competenze che possono far comprendere la differenza tra una notizia reale e una che non lo è.

Interessante l’appuntamento che si terrà il prossimo due aprile, giorno in cui si celebrerà il terzo International Factchecking Day. Una giornata di riflessioni sul tema della diffusione delle fake news e sui metodi per imparare a verificare le fonti, anche per chi non lavora nel campo dell’informazione. È urgente fare qualcosa, o un giorno non lontano sarà difficile raccontare la realtà dei fatti e sconfiggere le menzogne. La forma più sottile e drammatica di dittatura. Per carità…

©Tutti i diritti riservati. La diffusione è concessa esclusivamente indicando chiaramente il nome dell'autore e il link che riporta a questa pagina  




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