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Coronavirus e pandemic bond: siamo anche nelle mani della Banca Mondiale?

Coronavirus e pandemic bond: siamo anche nelle mani della Banca Mondiale?
Autore: Il direttore - Emilia Urso Anfuso
Data: 07/03/2020

Qual è il costo economico quando scoppia un’emergenza sanitaria? Elevatissimo. Le organizzazioni sanitarie necessitano di cospicui finanziamenti per far fronte alle esigenze degli ospedali, per l’acquisto dei farmaci, per l’assunzione di personale sanitario e medico, per l’acquisto degli apparati di protezione e di quelli diagnostici.

Se si pensa ai paesi in via di sviluppo, con le scarne risorse economiche a disposizione, è normale che si ricorra immediatamente a chiedere l’intervento della Banca Mondiale. I costi sono talmente onerosi, che anche la Banca Mondiale può voler trovare soluzioni alternative per non doversi sobbarcare degli oneri finanziari e, anzi, trovare anche un metodo per speculare.

Tutto ciò può apparire paradossale all’uomo comune, ma quando si parla di finanza è il guadagno a farla da padrone.

L’idea risolutiva arrivò dopo l’avvento del virus Ebola, che tra il 2014 e il 2016 provocò il decesso di oltre 11.000 persone sul territorio africano. La soluzione si chiama pandemic bond. Il funzionamento è semplice ed è attivo dal 2017, quando la Banca Mondiale emise due differenti bond per un valore totale di 320 milioni di dollari con una scadenza protratta al 15 Luglio 2020 e con interessi incredibili, che possono arrivare anche oltre il 13%.

Il bond Isin XS1641101172, per un valore di emissione pari a 225 milioni di dollari, è riferito alle sole pandemie da coronavirus o influenzali. Attenzione però: chi acquista questi titoli – gruppi finanziari e agenzie di gestione del credito – devono accettare condizioni molto restrittive che, nel caso in cui non si presentino determinate condizioni possono causare il rimborso solo parziale o persino la perdita totale del rimborso.  Le clausole sono queste: il rimborso si ottiene a patto che vi siano almeno 2.500 vittime in una nazione, più altre 20 in un paese diverso.

Per quanto riguarda invece il bond creato per altri tipi di pandemia, come per esempio Ebola – Isin XS1641101503per un valore di 95 milioni di dollari, il taglio ai rimborsi scatta a 250 vittime. Se vogliamo affrontare il discorso in maniera prettamente finanziaria, appare lampante come il primo caso sia quello a basso rischio e il secondo quello dedicato agli investitori temerari, tanto che il primo paga interessi US Libor del 6,5% - che tradotti in tassi attuali significa il 7,5% - mentre il secondo dell’11,1%, pari agli attuali 12,1%.

Il denaro degli investitori, che corrispondono a un prestito alla Banca Mondiale, viene messo a disposizione del fondo PEF – per la lotta alle pandemie – e questo per evitare contrattazioni finanziarie a sostegno dei paesi meno fortunati.

Per farla breve: con questo meccanismo la Banca Mondiale si assicura un volume economico notevole senza spendere un centesimo, attraverso denaro acquisito tramite l'acquisto dei bond, che può rivelarsi una fregatura per gli investitori che possono perdere anche il capitale nei casi in cui dovessero presentarsi le caratteristiche contenute nelle clausole, una delle quali è la morte di migliaia di persone a causa dei virus pandemici. 

In tal modo, si è creato un sistema di speculazione finanziaria basato sulla scommessa che le pandemie non cagionino la morte di troppe persone. Può far venire il dubbio che i numeri che si stanno diffondendo non siano reali. Potrebbe essere questo il motivo dei ritardi nelle dichiarazioni dello scoppio del primo focolaio?

E ancora: sarà un caso se l’OMS non si affretta a dichiarare lo stato di pandemia a carattere internazionale? Tra le clausole ne esiste  una ben precisa: i bond saranno rimborsati solo a patto che entro la metà del 2020 si verifichi una pandemia.

Consideriamo un elemento: per ottenere i rimborsi e gli interessi, è necessario che l’ente certificatore - Air Worldwide Corporation – affermi che tutte le condizioni incluse nelle clausole siano effettivamente presenti. Se ciò non avviene gli investitori restano all’asciutto e perdono anche il capitale. Dal 2017 a oggi nulla di tutto questo è accaduto, anche per quanto riguarda Ebola e il motivo è presto detto: pur avendo registrato nella sola Repubblica del Congo oltre 2.000 vittime, sembra non vi siano stati almeno 20 morti in un’altra nazione. Ciò ha determinato un successo finanziario per le banche che non hanno dovuto rimborsare gli investitori.

Qualcuno potrebbe eccepire: “Però le nazioni che avevano l’emergenza sanitaria hanno percepito gli aiuti economici”. Si, è vero. Ma in misura molto minore rispetto agli interessi incassati dalle banche.

In conclusione, e ripeto la domanda: come mai l’OMS tarda a dichiarare lo stato di pandemia? Considerando lo stato di emergenza internazionale,  il numero dei decessi che sta avvenendo anche in nazioni diverse da quella in cui sembra essersi verificato il focolaio iniziale – la Cina – il dubbio che qualcosa stia accadendo per non far perdere le banche deve aleggiare.

I tempi sono maturi per comprendere meglio la situazione. Tra le clausole che fanno scattare il taglio dei rimborsi, vi è quella temporale: 12 settimane. Significa che si attendono 84 giorni prima di stabilire lo stato pandemico che deve essere comunque certificato dalla Air Worldwide Corporation.

Provate a pensare una cosa: qui si parla si aiuti economici da erogare a nazioni colpite dalla diffusione del contagio da agenti patogeni virali, che causano anche la morte. Per quale motivo allora si attende così tanto tempo prima di dichiarare lo stato di pandemia? Lo scopo dei finanziamenti è quello di sanare la situazione sanitaria oppure…?

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