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Tav: 22 anni di proteste, inchieste e il dubbio di due omicidi. Quelli di Falcone e Borsellino

Tav: 22 anni di proteste, inchieste e il dubbio di due omicidi. Quelli di Falcone e Borsellino
Autore: Emilia Urso Anfuso
Data: 03/03/2012

TAV. Credo non vi sia un solo cittadino italiano ed europeo ed anche oltreoceano che in questo periodo non abbia sentito, letto o ditto qualcosa in merito alla TAV. Eppure, in moltissimi ne sanno poco o nulla, tranne i fatti di cronaca che vengono copiosamente proposti dalla propaganda di Stato che mette volutamente in luce, solo ed esclusivamente il dissenso di coloro che della TAV farebbero volentieri a meno.

Così, tocca accontentarsi di seguire avvenimenti che sono solo marginali rispetto al reale contenuto di un vero e proprio scandalo nazionale nelle cui pieghe si nascondono veri e propri furti, aumento del debito pubblico, ripercussione sul rapporto deficit/pil, arresti, inchieste e persino, il dubbio che gli omicidi Falcone e Borsellino, possano essere in qualche modo legati ad una delle imprese fra le più catastrofiche italiane, almeno per ciò che riguarda aberranti realtà che vengono sapientamente occultate o ancor meglio, di cui si parla ma a tratti e per periodi limitati, di modo che poi l’opinione pubblica, perda la memoria dei misfatti e si basi solo su ciò che santa propaganda di Stato propina ai più a seconda di ciò che più conviene.

Intanto un chiarimento: T.A.V. è l’acronimo di Treno ad Alta Velocità, in grado cioè di viaggiare a velocità che superano i 250 km orari. In Italia, si iniziò a parlare del progetto TAV nel 1989, quando la Francia propose al nostro paese e di conseguenza all’allora Presidente del Consiglio Ciriaco De Mita (ex DC, ex Partito Popolare, ex Margherita ed attuale esponente dell’Unione di Centro) di entrare a far parte del progetto Alta Velocità.

All’epoca non era ancora stato ancora accorpato al Ministro dei trasporti quello delle infrastrutture e l’allora Ministro dei trasporti era Giorgio Santuz, esponente DC attualmente presidente dell’Ente Friuli nel Mondo e Società Autovie Venete  .

All’Italia della fine anni ’80, in piena ascesa economica ed a tre anni dall’apertura della mega inchiesta denominata “Mani pulite”, non parve vero di poter rientrare nella rosa delle nazioni che a pieno titolo si aggiudicavano un afetta di un business che avrebbe consentito guadagni – di grande rispetto – per tutti. Così, il 1° Giugno 1990, durante il Summit di Nizza Parigi e Roma, si iniziarono a tracciare le linee guida di quello che appariva già molto chiaramente come un’opera di proporzioni – e costi – di entità mostrosa.

Il 13 Dicembre dello stesso anno e su iniziativa della Federazione degli Industriali del Piemonte, della Regione Piemonte, del Comune di Torino, dell’Associazione per Tecnocity viene fondato il “Comitato promotore dell’Alta Velocità Torino/Lione” ed alla presidenza vengono posti Umberto Agnelli e l’allora Presidente della Regione Piemonte, Vittorio Beltrami. Agnelli verrà poi sostituito da Sergio Pininfarina e Beltrami dal nuovo presidente della Regione Piemonte Giampaolo Brizio.

In Val di Susa, iniziano le prime proteste: i cittadini vivono in un territotio già percorso dalla ferrovia, da due strade statali da un elettrodotto e dall’autostrada. L’aggiunta di una nuova faraonica struttura non farebbe che peggiorare ancor di più la quotidianità dei cittadini dei luogh coinvolti dal progetto.

Il 23 settembre 1991, la Giunta Regionale del Piemonte approva il programma di lavoro e di studio per l'inserimento nel territorio della Valle di Susa del collegamento ad alta velocità Torino-Line, e delibera di affidare l'incarico per la realizzazione alla società Stef  un gruppo il cui business è dedicato ai trasporti ed alla logistica, logistica quotato anche presso la Borsa di Parigi.

Il tempo inizia a trascorrere. Il denaro inizia a materializzarsi in virtù dei progetti da mettere nero su bianco. Le proteste continuano seppur quasi copmpletamente celate dalle cronache nazionali, chè non fa bene alla propaganda di Stato far vedere ai cittadini della nazione come una delle  “perle” delle infrastrutture italiane, possa in effetti essere osteggiata da un pugno di “sovversivi” senza cervello e spirito imprenditoriale...

Si giunge così al 1992, quando un gruppo di professionisti fra cui medici, sindaci dei paesi della Val di Susa ma anche docenti del Politecnico, in dubbio e preoccupati per le reali ripercussioni del progetto sul territorio, fondano l’associazione Habitat  con lo scopo di monitorare e verificare l’attendibilità del progetto stesso ed anche d sostenere la tesi secondo il quale il progetto TAV è del tutto inutile se non dannoso per la valle.

Il comitato Habitat, il 28 aprile del '92 fa richiesta per avere copia di tutti i documenti ed elaborati grafici circa le ipotesi di progetto per il potenziamento della linea ferroviaria alta velocità ma non otterrà alcuna risposta. Viene presentato un esposto  dove viene fatto presente che sin dalla primavera, sugli organi di stampa e in convegni, venivano presentate ipotesi di progetto sicuramente tratte dallo studio. In realtà, motivi per tenere alta l'adrenalina ce n'era più di uno. A scrivere l'esposto è un giovane avvocato, Massimo Molinero, uno dei soci fondatori di Habitat.

Nel frattempo, il governo aveva cambiato Presidente del Consiglio, passando da Ciriaco De Mita a Giulio Andreotti, con una coalizione composta da DC - PSI - PSDI – PLI. Ministro del Bilancio e della Programmazione economica fu designato Paolo Cirino Pomicino ed ai Trasporti, Carlo Berniniesponente DC ed ex Presidente della Provincia di Trento, ex consigliere di Amministrazione di Alitalia che sempre nel 1992 si dimetterà dall’incarico per essere coinvolto nell’inchiesta “Mani Pulite” in realzione ad alcune tangenti ricevute per pilotare l’assegnazione degli appalti per la costruzione della bretella autostradale di Tessera e l' ampliamento dell'autostrada A4 tra Venezia e Padova.

Scrivo questo per dovere di cronaca e per ricordare passo dopo passo, a tutti i lettori, come ogni componente politico italiano abbia partecipato a sostenere il progetto di questa opera. Molti oggi lo negano, ma sono stati tutti più o meno ferventi sostenitori della TAV. E molti dei politici di allora, siedono ancora oggi in Parlamento.

Dal 1992 al 1996, le vicende legate alla TAV occupano poco spazio nelle cronache nazionali ed internazionali. L’Italia si trova immersa in Tangetopoli. Gli scandali e le inchieste sono all’ordine del giorno. Le operazioni di trasparenza e legalità, tengono soggiogata una intera nazione che sembra d’improvviso aver scoperto l’acqua calda: la politica ed il mondo del mercato e dell’Economia, sono corrotti. Contemporaneamente, in una atmosfera di guerra quotidiana fra organizzazioni malavitose ed istituzioni, muoiono in due differenti attentati I Magistrati Giovanni Falcone (23 Maggio 1992) e Paolo Borsellino (19 Luglio 1992).

L’ex Giudice Imposimato, designato commissario nell’inchiesta sulla TAV aperta dalla Commissione Antimafia, dichiarerà che gli omicidi di Falcone e Borsellino, avvenuti proprio durante l’inchiesta sugli appalti della Tav, potrebbero essere legati in qualche modo alla vicenda. Notoriamente, ad ogni nuova impresa colossale, il coinvolgimento di Mafia, Camorra e ‘Ndrangheta rientra ormai quasi di diritto globalmente riconosciuto ed accettato (...) nelle “normali procedure di organizzazione”. La conseguenza, oltre ai notevoli danni dati dagli effetti delle azioni malavitose, è riconducibile al perenne stato di connivenza fra Stato e delinquenza organizzata.

Nel suo libro del 1999 “Corruzione ad Alta Velocità – Viaggio nel Governo invisibile” descrive in maniera molto chiara come la Tav sia l’emblema di un sistema politico globalmente degenerato ove tutti i componenti si ritrovano a essere direttamente coinvolti.

Si tornerà davvero a parlare prepotentemente di TAV, “grazie” alla prima grande manifestazione organizzata dall’associazione Habitat e da tutti I comuni coinvolti. Parteciperanno tremila cittadiniinfuriati che si danno appuntamento a Sant’Ambrogio in Val di Susa.

Intanto, già a partire dal 1991, l’Ente Ferrovie dello Stato rilasciava a TAV S.p.A. (rappresentata come una società al 60% con capitale privato) una “concessione per la progettazione, la costruzione e sfruttamento economico delle linee ad Alta Velocità”. Con tale contratto il concessionario, TAV S.p.A. , si impegnava a finanziare con capitali “privati” il 60% dei costi per la realizzazione delle infrastrutture a terra,

La concessione per lo sfruttamento economico, non ha nella realtà dei fatti alcun tipo di riscontro nella nostra legislazione e meno che mai nelle direttive dell’Unione Europeatanto è vero che lo stesso Consiglio di Stato nel maggio del 1991, nel parere preventivo (n.570/91) richiesto dallo stesso EnteFerrovie dello Stato, identificava nella concessione di costruzione e gestione larelazione contrattuale più corretta e tale da garantire, appunto con la gestione, il recupero del presunto investimento privato. In realtà la TAV S.p.A.non è incaricata della gestione e, come attestato dal Ministro dei trasporti nel1998, il cosiddetto sfruttamento economico serve solo a mascherare un finanziamento privato mai esistito, definito dallo stesso Ministro addirittura “una semplice balla”.

Ciò che fu definito un finanziamento privato ha prodotto invece un incrdibile e  scandaloso aumento del debito pubblico, reso possibile per il fatto che per anni ed anni  è stato tenuto nascosto da quello che TAV S.p.A. ha sempre presentato come una straordinaria operazione di project financing: in realtà fu una vera e propria “truffa” ai danni dello Stato e dell’Unione Europea con conseguenti ripercussioni sulla cittadinanza che ancora oggi ne paga le conseguenze e che, grazie alla procedura di infrazione per deficit eccessivo promossa dall’UE nel 2005, è emersa ed è stata attestata in tutta la sua gravità.

In definitiva, l’Italia dopo  gli accertamenti condotti da Eurostat, è stata costretta rimuovere la “truffa” ai danni dell’UE (prestiti accesi da TAV S.p.A. e titoli emessi da Infrastrutture S.p.A. non contabilizzati nel bilancio dello Stato) con il comma 966 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007, "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”), con il quale ha disposto che “Gli oneri per capitale ed interessi dei titoli emessi e dei mutui contratti da Infrastrutture S.p.A. fino alla data del 31 dicembre 2005 per il finanziamento degli investimenti per la realizzazione della infrastruttura ferroviaria ad alta velocità della Linea Torino-Milano- Napoli, nonché gli oneri delle relative operazioni di copertura, sono assunti direttamente a carico del bilancio dello Stato”. Con la stessa legge finanziaria, al comma 1364, è stato disposto che “La presente legge entra in vigore il 1° gennaio 2007, ad eccezione del comma 966,…, che entra in vigore dalla data di pubblicazione della presente legge”.

Attraverso queste disposizioni, la cifra di ben 12.950 milioni di euro (dodici miliardi e ottocentocinquanta milioni di debiti, accumulati dal 1994 al 2005 da Tav spa e da Infrastrutture S.p.A., tenuti fuori dai conti pubblici) sono diventati debito pubblico ed il rapporto deficit/PIL nel bilancio 2006 ha raggiunto la cifra record del 4,3%.

Intanto, fra scandali, inchieste aperte e spesso prontamente insabbiate, deliri di onnipotenza e presupponenza, passa ancora il tempo. Iniziano i primi sabotaggi a ripetitorie e centraline telefoniche ed elettriche, il clima si infuoca. Le risposte non arrivano. I cittadini alimentano la loro rabbia.

Il 24 Marzo del 1999, un camion prende fuoco fermandosi dentro il tunnel. L'incendio, alimentato dalle materie combustibili presenti nel veicolo, è amplificato dall'effetto forno causato dal tunnel e in breve tempo raggiunge enormi proporzioni: i pompieri impiegheranno 53 ore per domarlo. 39 persone muoiono carbonizzate. L’episodio gravissimo, riaccende le polemiche sul progetto ferroviario Torino/Lione.

29 Gennaio 2001: l’allora Ministro dei Trasporti Pierluigi Bersani ed il Ministro dei trasporti francese, firmano l’accordo internazionale: l’opera di realizzazione può avere inizio. Sono passati 12 anni. Milioni di euro rubati per strade traverse e riversati nei conti pubblici. Appalti taroccati e concessi facilmente ad imprese in mano ad organizzazioni malavitose. Sospetti omicidi in corso d’opera. Eppure, nessun componente politico ha mai davvero fatto qualcosa per bloccare almeno gli effetti più deleteri di un palese grande scandalo nazionale con ripercussioni gravissime sull’economia e sulla sicurezza del Paese.

Nel 2003, viene organizzata la prima grande marcia contro la TAV: 20.000 persone, compresi i sindaci di tutti i comuni coinvolti, bloccano l’autostrada, la ferrovia e la statale nel percorso fra Borgone Susa e Bussoleno. Gli animi sono sempre più infiammati. Le istituzioni non dialogano con i cittadini. Le risposte non arrivano.

Il mondo della Politica viene via via coinvolto in scandali di vario genere. Corruzione, collusioni, mistificazioni, falsi in bilancio. Come aveva argutamente scritto Imposimato, Tangentopoli non è servita nè a metter fine agli scandali nè tantomeno a controvertire l’ordine di cose che fanno ormai parte del tessuto nazionale. 

Intanto in quel di Val di Susa, i cittadini proseguono le loro proteste, più o meno ascoltate e riprodotte dai media. I primi presidi fissi, vengono organizzati nel 2005 e sempre nel 2005 nella notte fra il 5 ed il 6 Dicembre, le Forze dell’Ordine irrompono nella zona di Venaus, luogo del presidio fisso, per interrompere la protesta ed iniziare con le prime confische dei terreni. Lo scontro è violentissimo. Le marce si susseguono. Le strade e le autosrtrade vengono bloccate. Le istituzioni, non fanno altro che porre l’accento sulla violenza inaudita ad opera dei cittadini infuriati che si scagliano contro altri cittadini costretti ad organizzare “l’ordine pubblico” per contratto di lavoro.

Pochi giorni dopo, il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi da inizio, in accordo con gli enti locali, all’osservatorio tecnico in virtù dell’inizio dei lavori che appare essere imminente.

Fiumi di milioni scorrono di tasca in tasca, fuoriuscendo in tanti micro rivoli che vanno a depositarsi sempre e solo e molto puntualmente, nel solito calderone pubblico. Milione più, milione meno.  Chi vuoi che se ne accorga? Nell’infinito oceano del debito quasi nessuno è in grado di poter verificare l’esattezza dei conti ne tantomeno le motivazioni per cui questo cresce a dismisura. Un mistero. Quasi divino.

Per vedere coinvolta nel progetto l’Unione Europea, bisogna attendere il 2007. E’ nel Novembre di quell’anno infatti che la UE assegna a Francia ed Italia un contributo di circa 692 milioni di euro per costruire la tratta.

Intanto, all’insaputa dei cittadini Italiani, vengono comunque messi nero su bianco tre progetti. Puntualmente e praticamente stracciati. Per cominciarneuno del tutto nuovo. La creazione e conseguente distruzione di queste documentazioni tecniche, ci costa l’onorevole ed onerosa cifra di oltre 300mln. Letteralmente ridotti in coriandoli. Servivano in realtà, solamente a batter cassa. Ed a far circolare un pò di moneta nuova. Non nelle tasche dei cittadini, come vuole la tradizione.

Gli eventi degli ultimissimi anni sono sotto gli occhi di tutti. Ad oggi, la grande opera TAV ha significato per gli Italiani:

perdite per centinaia e centinaia di milioni per i  debiti contratti con i gruppi bancari che hanno prestato il denaro alle imprese coinvolte nel progetto TAV e che sarebbe dovuto servire alla progettazione dell’opera ma che a tutto sono serviti tranne che a questo scopo. Nella realtà dei fatti, i milioni sono passati di mano in mano e di mazzetta in mazzetta fino a giungere fino a noi, ma sottoforma di maggiorazione del debito pubblico.

Maggiore coesione fra Stato ed organizzazioni malavitose. Ciò rende tutt’ora assolutamente impossibile il blocco eventuale del progetto, molto più di qualsiasi richiesta da parte dell’UE che dopotutto, ha poco margine decisionale per alcuni ambiti territoriali interni dei paesi membri.

La lievitazione assurda dei costi della realizzazione per quanto riguarda il nostro territorio: i costi generali rispetto ad altre nazione come la Francia ad esempio, incidono oltre il 500%. 

Alcuni si sono “divertiti” a fare alcuni calcoli. Sappiate che unsolo centimetro di TAV sul nostro territorio, costa attualmente oltre 5.000 euro.

Sul nostro territorio si dovrebbe realizzare una tratta di 81 km. Fare i conti è facile, anche se impossibile, dal momento che come si sa, questi costi sono destinati addirittura ad aumentare e l’opera verrà costruità – dicono – in circa venti anni. I costi “stimati” che vengono pubblicamente proposti si aggirano sui 20 miliardi, ma è facile dedurre come siano del tutto inveritieri.

Ancor oggi, in Italia non vi è nulla di certo e stabilito. Ne in un senso nè in un altro. Nel frattempo, si sappia che in Francia hanno già chiuso i lavori di tre cantieri con costi molto al di sotto di quelli che in Italia sono solo ipotizzati.

Dei tanti posti di lavoro, delle mille nuove opportunità per il nostro paese, delle tante vaghe promesse sparate ora da questo ora da quel politico, un nulla di fatto.

Di coloro che protestano, molti italiani non capiscono nemmeno le ragioni, che nessuno spiega nel dettaglio in tanti anni di scandalosi avvenimenti spesso tenuti sapientemente occultati. ma la cosa peggiore è che persino chi protesta, gli ormai famosi Movimenti NO TAV, conoscono poco di tutto ciò che avete letto e protestano in virtù di motivazioni che spesso sorgono da una base fondamentale condivisibile, per poi sfociare - col trascorrere degli anni e l'oscuramento delle informazioni - in una forma di protesta estrema ove si perdono fondamenta e contorni

La TAV non è soltanto un'opera infrastrutturale, ma la fonte di mille motivi per desiderare di fuggire da questa nazione a gambe levate se come spesso accade nel nostro Paese, invece di trarne tutti un beneficio, siamo costretti tutti a subirne le pesanti conseguenze che, come abbiamo visto, ricadono poi sempre sui cittadini italiani.

Non sono contro le grandi opere, tuttavia, sono personalmente contraria a ciò che la frase "grandi opere" significa in Italia. Che non è mai affine a criteri quali sviluppo, sana economia e trasparenza.

Il Presidente del Consiglio Monti ha ultimamente dichiarato: “La TAV si farà”. Ad ogni costo. Io aggiungo: costi quel che costi. E non si sa nè quanto costerà, nè quanto dureranno i lavori. Ma tanto, alla fine, pagheranno sempre i soliti. Di esempi concreti in Italia, ne abbiamo troppi.

Allora: fare o non fare il TAV?

Facendolo ad ogni costo, si mortifica quella parte di Paese che vorrebbe almeno poter avere voce in capitolo. Non farlo, sarebbe comuqnue cancellare di netto 22 anni di scandali, corruzione e ruberie che si sono riversati comunque sulle tasche degli italiani. A voi l'ardua sentenza...

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