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Filosofia del 'Bene comune'

Filosofia del 'Bene comune'
Autore: Emilia Urso Anfuso
Data: 24/08/2012

E' opinione comune che "un tempo le cose andassero molto meglio". Di solito, tale affermazione è riferita, a seconda del periodo storico corrente, ad un passato mediamente recente ove – andando indietro con la mente – si percepisce come l'attualità sia di molto peggiore del passato.

E' evidente e risaputo, che la mente umana tragga conclusioni spesso fuorviate dai ricordi che, nella realtà, sono dissimili da ciò che realmente è accaduto in epoche passate.

D'altronde già il solo posarsi col pensiero a ricordi che ci vedono più giovani, attivi, presenti, fa si che che la memoria prenda dagli scompartimenti addetti a tale scopo contenuti nel nostro cervello, prevalentemente ciò che appare migliore o così possa sembrare.

Se riflettiamo realmente sugli avvenimenti che vedono protagonista la nostra nazione nell'ultimo pugnetto di anni, diciamo l'ultimo secolo, la realtà non è affatto dissimile dall'attualità. Interrogando persone di età avanzata, esse dichiarano sempre – soffermandosi meglio sui ricordi – di come "da sempre i politici abbiano profittato dei cittadini, dando spesso scandalo di corruzione, ruberie e non solo".

Ovviamente all'uomo attuale interessa l'attualità dell'esistenza, con una forte predisposizione a considerare migliori le epoche passate. Ma non è così. Nella maggior parte dei casi.

Se tutti potessero accedere ad archivi giornalistici, o potessimo tutti leggere il leggibile sugli accadimenti politici, sociali ed economici occorsi nel nostro Paese nei tempi andati, leggeremmo quasi pedissequamente la replica della replica degli stessi accadimenti che oggi riempiono in un nanosecondo pagine di giornali cartacei e virtuali.

La differenza in realtà, alberga solo nel metodo di fruizione delle notizie: consideriamo in effetti alcuni punti. Un secolo fa, cinquant'anni fa, ma già solo 20 o 10 anni fa, l'informazione raggiungeva la popolazione in maniera non uniforme ed in modo discontinuo.

Andando poi ai decenni passati, l'elemento "cultura di base individuale" era talmente basso in percentuale su scala nazionale, da non permettere di ottenere un' Opinione Pubblica coerentemente informata e di conseguenza globalmente in grado di formulare riflessioni sugli accadimenti.

Oltretutto, andando ad esempio indietro agli inizi del secolo scorso, proprio questo basso livello di cultura nazionale dato da una scarsa percentuale di persone scolarizzate, faceva si che in molti si fosse soggetti a credere quasi all'esistenza dell'asino che vola.

Un esempio grandioso di questa riflessione è l'altissima adesione nazionale al regime fascista che, pur mostrando evidenti difetti, metodi di corruzione reiterati ed atteggiamenti poco aderenti alla trasparenza degli accadimenti, ottenne un numero incredibile di convinti sostenitori. Spesso – appunto – poveri contadini analfabeti e poco inclini a ragionamenti che si riteneva fossero esclusiva pertinenza di pochi eletti di cultura superiore.

Perché faccio questa riflessione? Perché sarebbe bene ripensare un po' meglio il nostro attuale modo di considerare i fatti, metabolizzare gli eventi e di conseguenza, vivere in maniera coerentemente consapevole la verità. Verità che poco ha a che fare con la realtà, che può a sua volta esibire ben diversi contenuti a seconda di chi ai fatti guarda e riflette.

Intanto è bene consolidare un dato di fatto: da che mondo è mondo, o meglio: da che organizzazione sociale piramidale è in essere, qualsiasi personaggio sia stato chiamato nei secoli a decidere la vita e la morte delle masse, ha utilizzato questo enorme potere in deroga per meglio consolidare il proprio potere ed alimentarlo sempre a discapito dei cittadini comuni.

E' un fatto, non un opinione.

Da ciò, si evince che sempre si è vissuto mettendo in atto più o meno similmente un copione scritto nella notte dei tempi. E sono veramente rari i casi in cui loro, i potenti di volta in volta delegati di ogni decisione fondamentale per la quotidianità dei singoli, abbiano a piene mani attinto maggiori guadagni in ogni ambito dell'esistenza.

Aristotele, da buon idealista, teorizzava – appunto – di come la Politica avesse il sacro compito di amministrare popoli e territori per il cosiddetto e mai messo in atto "bene comune". Inutile qui riportare fatti ed eventi che sono facilmente ripercorribili attraverso i libri di storia o meglio ancora, tramite il Web.

Ma Aristotele "teorizzava" su questo punto. Non avendo mai potuto nella pratica comune, concretizzare il concetto ed i suoi altissimi contenuti.

Abbiamo dovuto attendere millenni per avvicinarci alla teorizzazione molto aderente alla verità di come la politica ed i suoi componenti siano solo il contenitore di tutto ciò e tutti coloro che altro non vedono se non il raggiungimento di poteri illimitati altrimenti irraggiungibili.

Max Weber infatti, economista, sociologo e filosofo tedesco vissuto fra la fine dell'800 ed i primi del '900, molto ebbe da scrivere sul potere e sulle sue dinamiche. Pur concedendosi al fatto – ad esempio – che il Parlamento dovesse avere poteri illimitati, considerava ciò sempre dal punto di vista del fine ultimo e cioè, del bene comune. Egli, come altri in altre epoche, ben sapeva di come le popolazioni abbiano sempre avuto una naturale predisposizione delle persone comuni ad assoggettarsi a coloro che percepiscono il potere come illimitatamente…Potente e di conseguenza, quasi impossibile da mettere in discussione.

E da ciò, noi oggi, dovremmo trarre molte nuove e pur antiche considerazioni.

Se da sempre il gioco infinito del potere porta alcuni ad avvantaggiarsene estremamente, quasi col beneplacito dell'intera comunità in cui si vive, ecco che possiamo intravvedere la verità palese eppure nascosta, che pervade da sempre ogni periodo storico.

E' il cittadino comune ad avvallare tacitamente o meno, il potere esagerato ed esclusivo di alcuni. Sono le popolazioni che da sempre, pur con cenni di sovversione spesso tacitati con poco, che da sempre permettono il gioco estremo del potere che li rende vittime della loro stessa aberrante accettazione dei fatti, escludendo quasi sempre a priori, la possibilità che possano esserci altre vie per essere finalmente liberi da costrizioni che altrimenti non avrebbero modo di prolificare.

Tornando ad oggi, nulla è cambiato. Continua ad esserci un qualche luogo di "potere" cui i cittadini di ogni nazione si convincono – sbagliando - di non poter accedere. C'è un "luogo di potere" con i suoi protagonisti che – consci del fatto che i cittadini ancor oggi non siano in grado di capire l'effettivo potere in loro possesso – alimentano a dismisura i propri vantaggi a scapito dei cittadini comuni.

Così è stato. Così è.

Così sempre sarà, fino al giorno in cui – finalmente consci del proprio valore, della propria libertà costituzionale di poter partecipare attivamente alle sorti della nazione in cui si vive e di conseguenza alle sorti dei singoli cittadini - si aprirà quella porta sigillata dagli stessi cittadini comuni che fino ad oggi, hanno continuato a sperimentare in maniera reiterata e per questo aberrante, come la mancanza di vero interesse diretto e partecipazione attiva ai fatti che tutti ci riguardano da molto vicino, porti inesorabilmente da sempre e per sempre verso il più alto grado di degrado sociale.

Coerentemente, solo scagliando la prima pietra su se stessi, potrà compire il "miracolo" di un nuovo modo di ripensare il sistema globale allo scopo di creare semmai, sistemi adeguati alle varie e poliedriche realtà che, va ricordato, sono diverse e non potranno mai essere amministrate con un unico sistema che al più, appiattisce l'idea dell'unicità dell'individuo.

Solo nel momento in cui il maggior numero dei cittadini opereranno questo cambiamento, potremo intravvedere un'alba di cambiamento socio politico che non potrà che creare – forse storicamente per la prima volta – quel "bene comune" di cui purtroppo, nessuno parla più.

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Filosofia del 'bene comune' by Emilia Urso Anfuso is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported License.
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