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Politica e abuso di potere

Politica e abuso di potere
Autore: Il Direttore - Emilia Urso Anfuso
Data: 06/06/2015

Se chiamassimo ogni cosa col nome appropriato, la comprensione degli eventi che fanno parte della vita di ognuno apparirebbe di molto semplificata. Per ciò che riguarda la politica, siamo ormai abituati a utilizzare termini e frasi che poco chiariscono ciò che realmente avviene da anni. Molti italiani appellano la politica nelle maniere più colorite e argomentano gli accadimenti spesso utilizzando termini come “mala politica” o anche “incapacità a far politica”.

Se del primo termine – mala politica – si può ammettere il contenuto, sull’utilizzo del secondo vi è un errore fondamentale, anzi due: se pensiamo che chi amministra la nazione sia solo “incapace” stiamo in qualche modo fornendo una scusante alle azioni che fanno parte del primo termine e cioè si scusa la mala politica. Inoltre, bisognerebbe utilizzare la frase appropriata, che cancellerebbe l’errore fondamentale e spiegherebbe in maniera univoca ciò che sta accadendo in Italia ormai da anni.

La frase che identifica nettamente gli accadimenti è: “abuso di potere”. Un reato che è disciplinato dal codice penale.

In verità, il codice penale parla di “abuso d’ufficio” o di “autorità d’ufficio”, regolamentato dall’articolo 323 che tratta l’argomento del “bene protetto e della persona offesa” e distingue fra “abuso produttivo di un danno ingiusto e abuso causativo di un vantaggio patrimoniale”. Nella prima ipotesi ricorrerà l’elemento della prevaricazione, nella seconda quello del favoritismo ed è fondamentale per giungere all’identificazione del soggetto offeso.

L’art. 323 del Codice Penale ha subito due riforme: la prima, attraverso la Legge N° 86/90 e la seconda con la Legge 234/97. E’ importante sapere cosa contenesse il testo originario del codice penale: a tutti gli effetti l’art.323 era una cosiddetta “norma in bianco”. Significa che il magistrato che si fosse trovato di fronte a un reato di abuso d’ufficio, poteva decidere come punire il misfatto assegnando la pena che ritenesse più giusta caso per caso. Ciò, ovviamente, rendeva particolarmente ampia la condizione di giudizio insindacabile del reato da parte di un magistrato, e poneva anche alcuni limiti dati proprio dall’insindacabilità del giudizio.

Con la prima riforma, quella del 1990, si aumentò la pena carceraria dal massimo di due anni a cinque. Con ciò in qualche modo, si tentò di dare una maggiore determinazione e concretezza a un articolo che, se da un lato lasciava ampio spazio d’interpretazione delle pene dall’altro rendeva possibile giungere troppo facilmente al proscioglimento degli atti, dal momento che veniva lasciata ampia libertà decisionale al giudice.

E’ con la riforma del 1997 che si vengono ad aggiungere alcuni criteri, fra i quali il “dolo intenzionale” e persino l’elemento psicologico del reato. In pratica, si è deciso di tracciare ancor più nettamente i contorni del reato di abuso inserendo nella norma alcuni elementi specifici che tratteggiano le attività attraverso le quali si ottiene vantaggio a scapito di altri e in ambito istituzionale. Però, nel testo della modifica, ecco che la pena carceraria viene nuovamente abbassata: dal massimo di 5 anni si sconta a un massimo di tre, tranne nei casi aggravanti.

Di seguito, la modifica all’art. 323 del 1997:

Modifica dell'articolo 323 del codice penale

1. L'articolo 323 del codice penale è sostituito dal seguente:

"Art. 323 (Abuso  d'ufficio). - Salvo che il  fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che,  nello svolgimento  delle funzioni  o del  servizio, in violazione di  norme di legge  o di regolamento, ovvero  omettendo di astenersi  in presenza  di  un  interesse proprio  o  di un  prossimo congiunto o  negli altri casi prescritti,  intenzionalmente procura a se' o  ad altri un  ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero  arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravità".

Tornando al motivo di questo articolo: ciò che accade nel nostro paese, anche alla luce dei fatti di cronaca relativi all’inchiesta denominata “Mafia capitale”, è un operare delle istituzioni sempre e costantemente in ordine di abuso. Che esso sia d’ufficio – Mafia Capitale ne è il refrain – o peggio ancora, sia un metodo radicato delle istituzioni, Stato e Governo in testa, che di fatto opera abuso di potere a svantaggio della popolazione,  non si può non denunciare pubblicamente e con le parole appropriate ciò che la politica sta facendo.

Un abuso di potere costante, che permette le azioni più infami addirittura con la complicità di cosche malavitose o – nella migliore delle ipotesi – che permette a chi dovrebbe saggiamente amministrare la cosa pubblica e di conseguenza la vita di ogni singolo cittadino, di negare diritti civili fino a sfornare aberrazioni come la Riforma Fornero o la negazione dei fondamentali diritti umani, a cominciare dalla Sanità per giungere al sistema d’istruzione, comparti costantemente privati di risorse economiche eppure fondamentali per la vita dei cittadini.

Quando, sempre con molto ritardo rispetto agli eventi, la Commissione Europea ha denunciato l’Italia per l’alto livello di corruzione che corre fra le pieghe delle istituzioni, in pratica avrebbe semplificato parlando di abuso di potere. Un potere illimitato e preteso anche a costo di realizzare normative su normative che, lette approfonditamente, palesano l’unica volontà concreta di questo sistema politico di azzerare ogni criterio di cautela per i cittadini e ad alimentare le possibilità di abuso per governanti e amministratori.

Chi controlla tutto questo? Non certo la Commissione Europea, che come ho già scritto, giunge sempre troppo tardi rispetto ai fatti. Quante volte l’Italia è stata “sanzionata” per azioni illegali solo quando il governo del momento aveva già pensato di scodellare una bella norma che azzerasse proprio gli eventuali effetti dei controlli da parte dell’Europa? Tante, troppe volte.

Non sapendo a chi appellarci, dal momento che a Bruxelles stanno molto attenti a muoversi volutamente fuori tempo massimo per non rovinare troppo le azioni di abuso che la politica decide quotidianamente ai danni dei cittadini, l’unico elemento di controllo resta la popolazione. Che dovrebbe costantemente controllare ciò che avviene, chi sono le persone poste ad esempio all’interno di un consiglio comunale piuttosto che come ministri di un governo appena nominato.

La stessa popolazione, dovrebbe anche denunciare metodicamente alla CE ogni atto contrario alla Legge e alla Costituzione. Se insomma ognuno di noi si accollasse un piccolo onere per il benessere collettivo, potremmo essere tutti attivamente parte di un vero cambiamento politico e sociale.

Usare un poco dell’energia che ogni giorno viene sprecata per dissentire sterilmente dall’operato della politica per ricreare equilibrio, sarebbe un toccasana per tutti, e consentirebbe persino di realizzare una sorta di magia: rendere più onesto un sistema politico che, lasciato perennemente a briglia sciolta, ha perso il metro di ciò che è consentito. 

©Tutti i diritti riservati. La diffusione è concessa esclusivamente indicando chiaramente il nome dell'autore e il link che riporta a questa pagina

 




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