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Tsipras, il finto referendum e il ritorno di Monti

Tsipras, il finto referendum e il ritorno di Monti
Autore: Il Direttore - Emilia Urso Anfuso
Data: 15/07/2015

Non so quante persone abbiano davvero creduto che in Grecia il Premier Tsipras sarebbe riuscito a piegare la Troika attraverso un referendum organizzato in fretta e furia per porre un quesito che forse, nemmeno il popolo greco ha compreso fino in fondo. Mai prima era accaduto che si realizzasse un referendum in così poco tempo, e non sarebbe nemmeno istituzionalmente possibile, tanto che il Consiglio d’Europa ha sollevato la questione ponendo l’indice sul non rispetto degli standard internazionali.

Il referendum in questione poneva questo quesito:

Referendum del 5 luglio 2015. Dev’essere accettato il piano di accordo presentato da Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale nell’eurogruppo del 25 giugno 2015, composto di due parti che costituiscono la loro proposta? Il primo documento è intitolato “Riforme per il completamento dell’attuale programma e oltre” e il secondo “Analisi preliminare per la sostenibilità del debito”. NO (non accettato) SI (accettato)”.

Partiamo dal presupposto che già nella composizione del quesito referendario vi era un errore di forma, determinato dal fatto che, nei giorni in cui si chiedeva al popolo greco se accettare o meno le proposte della Troika, di fatto non si era raggiunto alcun accordo ma si stava solo discutendo sul da farsi.

In pratica quindi, nel testo referendario, si dava per scontato che esistesse già un documento programmatico concordato fra la Grecia e la Commissione Europea. Oltre ciò a quanto pare il referendum in questione non poteva essere messo in atto, in quanto l’articolo 44 della costituzione ellenica e la legge 4023/2011 relativa alle norme per lo svolgimento del referendum, non consentono al popolo di decidere su questioni di ordine economico fiscale che sono di competenza istituzionale.

Oltre ciò, i quesiti non erano scritti in forma chiara e concisa, come prevedono le normative in vigore. Insomma: un pasticciaccio.

Perché quindi Tsipras ha giocato questa carta, sapendo perfettamente che era una carta truccata? Non certo nel tentativo di turlupinare l’Europa, dal momento che le regole costituzionali sono di dominio pubblico, e non certo quindi nella convinzione di ottenere qualcosa a livello europeo.

Tsipras - probabilmente in accordo con i leader dell’Eurozona - ha dovuto mostrare al popolo greco, ma anche alle altre popolazioni delle nazioni europee, che stava tentando di attuare le promesse elettorali che l’hanno portato a divenire premier. Il tutto, in un momento altamente critico in cui la popolazione sta subendo il massimo livello di dissesto economico e sociale. Guerra civile a portata di mano.

Sarebbe stato davvero un colpo troppo grande per i greci - ma anche per i cittadini europei – dover constatare come certe promesse abbiano il solo gusto amaro dello slogan elettorale e della propaganda politica.

Così, nel momento clou della terza fase della catastrofe economica ellenica, che come si ricorda ebbe il primo exploit nel 2010, si è tirato fuori il Deus ex machina per agitare un poco le acque, rasserenare gli animi – almeno temporaneamente – e attendere che la realtà emergesse in tutta la sua terribile potenza: non solo il risultato referendario non è stato minimamente preso in considerazione, così come accade anche da noi da molti anni, ma le richieste della Troika appaiono di molto esasperate rispetto a quelle che erano oggetto di discussione.

Da notare come, pezzo dopo pezzo, il governo di Tsipras si stia desertificando: le dimissioni di Varoufakis hanno dato inizio a una lunga serie.

In definitiva, se - come sembra - la Grecia sta fungendo da “laboratorio” all’interno del quale si testano tutte le metodiche possibili e impossibili da applicare alle nazione a rischio default, non si sta facendo altro a livello europeo che tendere al massimo la corda per verificare gli accadimenti ma attenzione, non tanto a livello economico, visto che già si sta parlando di una possibilità di abbattimento del debito ellenico, quanto a livello di sopportazione delle popolazioni.

Effettivamente, malgrado le terribili condizioni socio economiche che la popolazione greca sta subendo, malgrado l’erogazione col contagocce di contanti, malgrado la terribile delusione del referendum- truffa, malgrado lo spauracchio di ciò che sta per avvenire di terribile attraverso le riforme penalizzanti chieste dalla Troika, non sembrano esserci avvisaglie di guerra civile. Bolliti a fuoco lento, come le rane, che non si accorgono di morire.

Chiunque abbia pensato che qualcosa potesse abbattere le lobby, il sistema bancario, i poteri forti internazionali, oggi ha la possibilità – finalmente - di chiarirsi le idee (una volta per tutte) e smettere di sognare che, in un sistema Capitalistico sfrenato come quello in cui stiamo vivendo, possa ancora esistere la speranza di ritrovare una via che riporti tutto alla considerazione dell’aspetto umano - e quindi sociale - delle nazioni.

Tsipras è solo una pedina in una scacchiera geopolitica complessa. Gioca il suo ruolo sapendo di giocarlo. Nel frattempo, in questi giorni rifà capolino in pubblico un tale Professor Mario Monti, elemento di spicco del Bielderberg Group e co-fondatore della lobby “Bruegel” che dichiara pubblicamente come desideri “più Europa e unione bancaria”.

Come scrivo da anni, il vero potere sta dietro le quinte. A volte esce dall’oscurità, ma poi ci torna.

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