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Tutto quello che (non) avreste voluto sapere sul Digitale Terrestre

Tutto quello che (non) avreste voluto sapere sul Digitale Terrestre
Autore: Emilia Urso Anfuso
Data: 28/11/2009

 

 

Digitale terrestre. E' quella cosa, spacciata per evoluzione tecnologica epocale, che sta oscurando le televisioni di mezzo mondo fra quelli che hanno già subito lo switch off.

 

Cos'è lo "swiitch off"? E' quella procedura attraverso il quale se prima vedevi bene tutti i canali televisivi, dal momento in cui viene messa in atto, passando così da segnale analogico a digitale, vedi – semmai – a malapena qualche canale. Rai e Mediaset? Nossignore. Vedi sicuramente benissimo tutto quel sottobosco di piccole televisioni private che sembrano essere le uniche a beneficiare di questo grande e storico passaggio tecnologico.
 
Se non vi eravate mai "goduti" televendite, tarocchi, numeri magici et similia: ORA è il momento giusto.
 
Lo switch off quindi è quel punto di passaggiio di non ritorno fra la cara, vecchia consapevolezza di vedere la tv ed un buco nero. Esattamente come lo schermo ormai reso sterile da questa corsa al Digitale Terrestre.
 
Terribile, solo a pensarci.

 

L'Italia passerà del tutto al digitale terrestre entro il 2010. Ma le lagnanze delle prime Regioni e città che ad oggi possono "beneficiare" del segnale digitale, sono tantissime.

 

Il call center adibito ad hoc per raccogliere richieste di informazione ed aiuto con la sintonizzazione dei canali ha calcolato che, solo per la città di Roma – passata totalmente al DG dal 16 Novembre 2009 – ha ricevuto oltre 200.000 chiamate di cittadini disperati ed esasperati.

 

Ma cosa sta accadendo nella realtà? In qualche modo, ci stiamo ritrovando di fronte ad una evoluzione tecnologica che poi in pratica non è supportata da relative tecnologie affinché questa evoluzione sia resa possibile.

 

Innanzitutto va ricordata una cosa: molti dei milioni di impianti di antenna sul territorio nazionale, sono obsoleti e quindi non in grado di supportare la decodiifica del segnale da analogico a digitale.

 

Seconda cosa ma non meno importante: si è scoperto – per puro caso attraverso un sondaggio fra cittadini, che per garantirsi una migliore ricezione del segnale, ma anche per poter vedere in molti casi le stazioni maggiormente fruite, come Rai e Mediaset, bisogna in qualche caso, ingannare il decoder.

 

Come? Facendo finta di essere in Germania e non più sul territorio Italiano. Il perché ancora nessuno lo conosce. Sta di fatto che, se provate ad effettuare la ricerca dei canali, scegliendo come sistema di ricerca automatica "Germania" nella maggior parte dei casi, avrete la possibilità non solo di vedere le reti nazionali ma anche di poter fruire di un maggior numero di trasmissioni.

 

E' colpa del decoder acquistato? I dirigenti Rai provano a dire che è questo uno dei motivi. Dichiarano che, l'alto numero di decodificatori e conseguenti modelli diversificati, stanno creando il problema.

 

Ma alla domanda: "perché allora non avete pensato di unificare il decoder"? La risposta si arrovella intorno al concetto di "libero mercato". Sacrosanto.
 
Peccato che se fosse questa davvero la soluzione, sappiamo bene ormai che il famoso decoder "di Stato" è un modello totalmente simile a quelli più commerciali, costa il quadruplo e per beneficiare del contributo statale, che copre solo 50 euro su un costo finale di 110, è necessario rientrare nel solito panegirico di criteri: abbonato Rai, over 65, basso reddito e via discorrendo. Ma alla fine paghi lo stesso e molto più di un comune decoder commerciale (mediamente a 25 euro).
 
Altra soluzione: gettare nella spazzatura i/il televisore - magari di pochi anni fa - nella spazzatura, e comprare uno splendido modello integrato.
 
La spesa aumenta a seconda fra l'altro di quanti televisori siete abituati ad avere in casa. E nessuno oggi, è in grado di garantire che questi televisori integrati saranno utilizzabili in futuro. Considerando infatti le problematiche tecniche di decodifica di segnale, nessuno può assicurare che non sarà necessario rivedere tutta la parte strettamente legata ai decodificatori.
 
Doppio rischio quindi: di spendere più denaro, e ritrovarsi nel breve periodo a dover ricominciare tutto d'accapo.

 

Non male davvero, in tempi di crisi. Certo, la decisione di passare al Digitale Terrestre è cosa vecchia: all'epoca – era il 2003 – con la riforma Gasparri, non si poteva certo presupporre che il Mondo intero si sarebbe inabissato nella crisi economica più grave degli ultimi ottant'anni.

 

Oggi come oggi, la maggior parte dei cittadini con decoder hanno più di sessantacinque anni. Una media di due televisori per appartamento. Un'antenna che risale ai tempi delle prime trasmissioni televisive. Una incapacità totale a gestire una innovazione tecnologica. La necessità di dover chiamare un antennista – anche più volte – o nei casi più fortunati un figlio o un nipote che ne capiscano un poco.

 

Se riflettiamo sul fatto che tipicamente l'Italia è una nazione di anziani, il gioco è fatto. Nel senso che le già tante problematiche di ordine tecnico si aggiungono ad una popolazione che mediamente non è in grado di gestire autonomamente questa "novità".

 

E poi ancora: con una media di due televisori per nucleo familiare, le spese raddoppiano. Infatti, ogni televisore deve essere dotato di un decoder.

 

Per non parlare poi, della selva nera di cavi e cavetti che ci si ritrova in soggiorno o in camera da letto per collegare decoder a televisione e lettori dvd o vhs: un caos. Epocale.

 

Insomma: di tecnologia a volte si soccombe.

 

La "svolta" televisiva fa intravedere le falle. Troppe. In un mondo ormai reso succube e dipendente da una droga a basso costo chiamata televisione. Che per decenni ha sedato rabbie. Ha creato illusioni. Moderato anime in tumulto. E fatto addormentare milioni e milioni di persone catalizzate di fronte ad una sorta di specchio di se stessi.

 

La rivoluzione? Non sarà tecnologica. La faranno le popolazioni. Quando si accorgeranno di che grande bluff può divenire il Digitale Terrestre.

 

Ad un Popolo togli tutto. Mai la televisione.
 



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